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Doppia tassazione sui dividendi esteri

Oggi pubblico uno scritto molto interessante, chiaro ed esauriente sul problema della doppia tassazione dei dividendi esteri, scritto da due miei lettori che ringrazio per la collaborazione!

 

“Ti scriviamo per portarti all’attenzione un’interessante questione relativa alla doppia tassazione sui dividendi azionari di società estere (vedi anche il bell’articolo de “Il Sole 24 Ore” riportato in fondo a questo articolo), di cui ci siamo dovuti occupare personalmente di recente, in quanto deteniamo in portafoglio azioni della compagnia assicuratrice tedesca “Allianz”.

Come senz’altro saprai, i dividendi esteri sono assoggettati a doppia tassazione: prima “alla fonte” (ossia nel paese di residenza della società che li distribuisce, cd. “ritenuta paese”); poi sull’ammontare netto è applicata la ritenuta italiana.
Sicché, nel nostro caso, dapprima abbiamo subìto sul dividendo lordo la tassazione tedesca (pari al 26,375%), e successivamente quella italiana (20%).

Per attenuare l’effetto della doppia tassazione, le “Convenzioni Internazionali contro le doppie imposizioni” fissano in genere un limite massimo all’imposta nel paese da cui provengono i dividendi erogati.
Nel caso di specie, le convenzioni “Germania-Italia” prevedono in tal senso l’applicazione di una aliquota convenzionale massima pari al 15%: quindi, il rimborso spettante è pari al 11,375% del dividendo lordo (cioè 26,375%-15%=11,375%, appunto).

Ciò detto, abbiamo dovuto avanzare la richiesta di rimborso, in verità non agevole, e pertanto ciò ha portato ad un rilevante dispendio di tempo, in quanto:
a) non tutti gli intermediari si occupano di effettuare questo servizio (come la nostra banca, che si occupa solamente, peraltro a pagamento [30 €], delle pratiche relative all’esenzione della “ritenuta paese” sulle cedole obbligazionarie; vedi per es. bond Portoghesi, che noi stessi deteniamo; d’ora in avanti, al fine di risparmiare il costo della pratica sui bond Portoghesi, ce ne occuperemo personalmente noi, dato che oramai abbiamo capito l’iter da seguire), e quelli che lo forniscono generalmente lo fanno a pagamento (il costo della pratica per i dividendi esteri si aggira sui 120-130 €; pertanto, prima di inoltrare richiesta di rimborso è consigliabile verificare che il totale dei costi amministrativi da sopportare non sia superiore all’imposta netta recuperabile, perché in caso contrario la richiesta, di fatto, si tradurrebbe in un maggior onere);
b) il sito web dell’Agenzia delle Entrate Italiana mette a disposizione i moduli “tax claim” di richiesta di rimborso solo per ad alcuni paesi (Austria, Paesi Bassi, Francia, Portogallo, Danimarca); quindi, per reperire il modulo “tax claim” tedesco, dapprima abbiamo dovuto richiedere chiarimenti, via e-mail, presso il sito web dell’Ambasciata Tedesca in Italia (settore Ufficio Affari Economici), che gentilmente e molto dettagliatamente ci ha indicato il percorso da seguire sul sito internet dell’Ufficio Federale Centrale Tributario Tedesco per scaricare il modulo in argomento e l’indirizzo dell’Ufficio Fiscale a cui recapitare in Germania ridetto modulo;
c) il modulo è scritto in inglese, dunque bisogna “un po’ arrangiarsi con la lingua”;
d) abbiamo dovuto effettuare il conteggio dell’importo rimborsabile (calcolo, in effetti, non complicato, ma che comunque richiede sempre dispendio di tempo);
e) alla richiesta di rimborso va allegata la certificazione della banca atta a comprovare il prelievo effettivo della “ritenuta paese”; quindi, abbiamo dovuto richiedere alla nostra banca tale certificazione;
f) ci siamo dovuti recare all’Ufficio di Rimini dell’Agenzia delle Entrate, per far vidimare il modulo “tax claim”, che viene vidimato dal direttore dell’ufficio (grazie ad un funzionario gentile e competente, siamo riusciti ad ottenere la vidimazione in 3-4 giorni);
g) ultimo step, ci siamo recati alle Poste per l’invio della raccomandata internazionale a/r in Germania (costo complessivo raccomandata 7,15 €).

Il gioco vale comunque la candela nel nostro caso, perché dobbiamo recuperare 361,00 € di maggiore “ritenuta Paese” che, stando alle convenzioni internazionali, è rimborsabile nella tempistica massima di 4 mesi.

Adesso capiamo perché l’articolo de “Il Sole 24 Ore” (nel cui trafiletto, tra l’altro, si dice che la percentuale di recupero della doppia tassazione sui dividendi è bassa anche tra gli investitori istituzionali) titola:

 

Cinque miliardi regalati al fisco degli altri paesi

di Gianfranco Ursino

Cinque miliardi di euro dimenticati ogni anno dai cittadini italiani nelle casse del fisco di altri paesi. Non si tratta del mancato gettito reclamato a più riprese dal ministro Giulio Tremonti in sede comunitaria per la dubbia applicazione dell’euroritenuta: la tassa che andrebbe prelevata sui rendimenti dei capitali italiani depositati nelle banche di stati esteri in cui vige il segreto bancario e versata, in gran parte, anonimamente all’erario italiano. La cospicua regalia, stimata da GlobeTax (vedi intervista in pagina), trae in realtà origine da un altro meccanismo fiscale, la cosiddetta doppia tassazione sui dividendi/interessi di titoli esteri.
Il guadagno derivante da un investimento internazionale oltre ad essere tassato nel paese di residenza dell’investitore, subisce un’imposizione anche nel paese d’investimento, con aliquote che possono arrivare fino al 35%. Un duplice prelievo fiscale che decurta in misura significativa il ritorno dell’investimento. Nel caso estremo di un dividendo elargito da una società svizzera a un soggetto italiano, per ipotesi di 100 euro, il fisco elvetico trattiene subito 35 euro. In Italia arrivano i restanti 65 euro che sono nuovamente tassati al 12,5%. Sul conto del cittadino italiano vengono quindi accreditati solo 56,88 euro, che si traduce in un salasso fiscale nell’ordine del 43%.
Accordi sconosciuti/trascurati
In realtà, o forse sarebbe meglio dire in teoria, l’investitore ha il diritto di recuperare una parte delle tasse trattenutegli all’estero. Un diritto sancito dalle convenzioni internazionali per evitare, o quantomeno ridurre, le doppie tassazioni. L’Italia ha stipulato più di 80 accordi bilaterali che prevedono di norma per gli investitori non residenti un’aliquota del 15% sui dividendi, che scende al 10% sugli interessi delle obbligazioni societarie, fino ad azzerarsi sulle cedole dei bond governativi. Tutte aliquote derivanti dal trattato standard redatto dall’Ocse (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico). E tornando all’esempio numerico, l’investitore italiano potrebbe quindi recuperare il 20%, pari a 20 euro, del valore del dividendo iniziale.
Ma far valere questo diritto oltre a non essere semplice, spesso è ignorato o non incentivato dagli stessi intermediari che dovrebbero in realtà aiutare l’investitore ad attivare il processo di recupero. Su scala mondiale, ma anche a livello italiano, la percentuale di rimborsi di doppie imposizioni sui dividendi non supera il 10% del totale prelevato dal paese straniero.
Il ruolo delle banche
Per attivare il rimborso della quota di imposta pagata al l’estero è necessario presentare domanda all’amministrazione finanziaria estera competente, su moduli appositamente predisposti. Occorre allegare certificazione di residenza fiscale rilasciata dall’Agenzia delle entrate e la contabile della propria banca in cui si evidenzia la ritenuta alla fonte applicata al l’estero. I moduli, che variano da paese a paese, sono disponibili presso l’Agenzia delle entrate, ma anche le banche dovrebbero possederlo. Usare il condizionale è d’obbligo, alla luce delle segnalazioni pervenute negli anni a «Plus24» che evidenziano le risposte evasive che ricevono allo sportello.
Ma quali sono gli obblighi delle banche nei confronti dei clienti in tema di recupero della doppia tassazione? Dipende dal tipo di contratto firmato dall’investitore con il proprio istituto di credito. Di norma le banche non lo propongono perchè per loro rappresenta un costo, ma la clientela danarosa riesce a volte a farsi inserire nel contratto anche l’offerta di questo servizio. Per i piccoli risparmiatori, invece, non rimane che intraprendere la tortuosa via dell’auto-recupero o affidarsi a qualche società specializzata pagando una percentuale di quanto recuperato. E coloro con redditi inferiori a 70mila euro, che prima delle modifiche introdotte proprio dalla legge delega Tremonti n°80 del 2003 avevano la convenienza e la facilità di compensare in sede di dichiarazione ritenute subìte nel paese di origine del dividendo, adesso non hanno più neanche tale possibilità. Con la felicità delle casse statali dei paesi esteri.

 

Rag. Saponi Pio e Dott. Saponi Lorenzo (Rimini)

 

 

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Buon trading

Gabriele