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Corso gratuito “Investire con le opzioni” – 8^ lezione

Specchio specchio delle mie brame

Grazie alle precedenti lezioni abbiamo ormai una certa dimestichezza con i diagrammi profitto-perdita delle opzioni Call e Put e quindi possiamo procedere con un ulteriore passo avanti: è infatti giunto il momento di metterli in relazione tra di loro.

Prima riepiloghiamo però le caratteristiche ed i motivi che ci spingono ad acquistare una opzione Call piuttosto che una Put:

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Acquistare una opzione Call

Acquistare una opzione Put

Si ipotizza che il titolo salirà

(scenario rialzista)

Si ipotizza che il titolo scenderà

(scenario ribassista)

Rischio limitato al premio pagato

Rischio limitato al premio pagato

Massimo guadagno illimitato

Massimo guadagno consentito

 

Possiamo osservare che, se immaginiamo la linea azzurra del grafico precedente come uno specchio, la Call è la Put allo specchio, e viceversa.
In pratica il grafico della Call è speculare a quello della Put e viceversa.

Abbiamo detto che le opzioni sono strumenti finanziari, e su ogni strumento in finanza si può, volendo, andare long o short.
Fino ad ora abbiamo sempre considerato l’acquisto di un’opzione, e quindi il possesso di qualcosa definisce un’operazione long, secondo la quale per avere in portafoglio un titolo dobbiamo sopportare un esborso dal nostro conto corrente.
Cosa succederebbe se decidessimo di andare short con le opzioni? Si può fare? E converrebbe? 

Sicuramente si può fare, visto che alla fine un’opzione è uno strumento finanziario e come tale possiamo andare sia long che short.
Bisogna dire che quando compriamo una Call o una Put diventiamo investitori direzionali, nel senso che la nostra speranza nel futuro sarà per un prezzo del sottostante abbastanza diverso da quello attuale.
Per esempio, se pensiamo che il prezzo di Intesa San Paolo sia destinato a salire nel futuro, compriamo una Call OTM, in modo da non spendere molto per il premio.
La nostra speranza è che il titolo salga da qui alla scadenza in modo che la Call ci permetta di comprare l’azione ad un prezzo scontato, o comunque il prezzo dell’opzione salga a causa dell’apprezzamento di Intesa.
Viceversa, se pensiamo che il titolo crolli, compriamo una Put OTM, in modo che l’azione possa essere venduta ad un prezzo più alto di quello che avrà nel futuro.
In parole semplici, quando acquistiamo un’opzione abbiamo speranze direzionali: con la Call al rialzo, con la Put al ribasso.

Ma sappiamo per esperienza che i mercati di solito hanno trend e momenti di pausa, quindi se sbagliamo il momento dell’ingresso potremmo trovarci con l’aver azzeccato la direzione fondamentale del mercato, ma il movimento non è sufficientemente forte da mandare ITM la nostra opzione, ritrovandoci con una perdita alla scadenza.
Sempre quando compriamo un’opzione, la compriamo da “qualcuno”; quel “qualcuno” si fa garante di consegnarci il sottostante al prezzo di esercizio se l’opzione scadrà ITM.
Ma chi è quel “qualcuno”?
Potrebbe essere un’istituzionale, un fondo, oppure una qualunque altra persona che abbia una visione contraria alla nostra.

Quando vendiamo un’opzione dobbiamo ribaltare le cose che già sappiamo quando la compriamo.
Nel caso della vendita di un’opzione (in inglese “call writing” o “put writing”) siamo noi che ci facciamo garanti verso terzi (quelli che comprano la nostra opzione) della consegna del sottostante a quel prezzo se questo terzo volesse esercitare il diritto contenuto nell’opzione.
Per far fronte ai nostri impegni, il broker di cui ci serviamo deve versare una certa percentuale del controvalore del sottostante ad un organismo garante dell’operazione (la cassa di compensazione e garanzia del mercato italiano, ad esempio), e per fare questo “blocca” una parte dei soldi presenti sul nostro conto corrente per garanzia, il famoso margine.
Se in qualsiasi momento noi non avessimo più il capitale disponibile per far fronte ai nostri impegni assunti con la vendita di opzioni, le operazioni verrebbero chiuse immediatamente per mancanza di soldi per garantire i margini richiesti.
Il margine è un concetto importante nel mercato dei derivati e ci torneremo molte altre volte nel seguito.

 

Ma come saranno i daigrammi di profitto-perdita delle opzioni vendute?
Aggiungiamo un altro specchio, stavolta orizzontale (fucsia), allo specchio verticale che già c’è, ed otteniamo il seguente nuovo diagramma:

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Sono diagrammi molto interessanti!
Dobbiamo ribaltare i termini “guadagno” e perdita rispetto alle opzioni long.
Le opzioni vendute ci danno l’informazione che il guadagno è limitato e pari al premio incassato, le perdite possono invece essere molto consistenti.
Quindi riassumendo tutto in una tabella:

 

Acquistare una call

Acquistare una put

Si crede che il titolo salga (outlook rialzista)

Si crede che il titolo cali (outlook ribassista)

Rischio limitato al premio pagato

Rischio limitato al premio pagato

Massimo guadagno illimitato

Massimo guadagno consentito

 

Vendere una call

Vendere una put

Si crede che il titolo NON salga troppo (outlook NON rialzista)

Si crede che il titolo NON cali troppo (outlook NON ribassista)

Rischio illimitato

Rischio illimitato (max fino a 0)

Massimo guadagno limitato al premio incassato

Massimo guadagno limitato al premio incassato

Riassumendo:

Quando compriamo un’opzione OTM siamo investitori direzionali e speriamo che nel tempo di vita dell’opzione il sottostante arrivi a far andare ITM l’opzione comprata, altrimenti ci troviamo in mano un diritto scaduto senza alcun valore. Il guadagno è illimitato e la perdita è limitata.

Quando vendiamo opzioni OTM, speriamo che il sottostante NON faccia finire ITM le opzioni che abbiamo venduto, così da non dover adempiere al nostro dovere di consegnare il sottostante e di intascarci in via definitiva il premio incassato al momento della vendita.

 

Nella prossima lezione descriveremo con un esempio a quale conclusione ci condurranno queste considerazioni.

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Buon trading
gab

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