Opzione vs Azione: chi vincerà?
Sia che si abbia il sentore che l’azione cresca, sia che si pensi che l’azione nel futuro varrà meno di oggi, comprare un’opzione Call o Put ci risparmia parecchie noie.
Di solito chi non opera con le opzioni pensa: “Se oggi l’azione vale 100 e penso che nel futuro il suo prezzo salirà, che ci guadagno a comprare una Call a 105? Perché dovrei comprare l’azione ad un prezzo più alto se penso che il prezzo comunque salirà? La call mi dà il diritto di comprare la stessa azione a 105, quindi 5 più in alto del prezzo di oggi…E’ una fregatura!”.
Il concetto che non si considera è che, comprando una call, l’esborso monetario è decisamente ridotto rispetto a quello del corrispettivo numero di azioni.
Ad esempio, se acquisto 500 azioni Eni 16 € il mio esborso è di 8.000 €, mentre acquistando 1 opzione Call 16 scadenza Dicembre, ch controlla un sottostante di 500 azioni Eni l’esborso sarà di 0,7*500=350 €.
Inoltre potremmo sempre comprare le azioni a 105 anche se il prezzo dell’azione fosse andato a 150 o 200!
Infine, se la previsione si rivelasse sbagliata e l’azione crollasse a 50, non si sarebbe obbligati a comprare comunque l’azione, e si lascerebbe scadere il diritto senza valore, con la perdita massima già prefissata all’atto dell’apertura del trade!
Buttereste via il vostro “coupon” che a quel punto non varrebbe niente, né più né meno come fareste con un vecchio volantino delle offerte (oltretutto scadute).
Allo stesso modo l’opzione put ci risparmia parecchie noie nel caso in cui pensassimo che l’azione sia sopravvalutata e che il suo prezzo nel futuro debba scendere.
Potremmo sì entrare short su quell’azione, ma è molto più pratico comprare un’opzione put che ci fornisce il diritto di vendere ad un determinato prezzo entro una certa data.
Se la nostra ipotesi si rivelerà corretta ci avvarremo del diritto di vendere l’azione al prezzo prefissato, altrimenti lasceremo scadere tale diritto che non varrà più nulla.
Anche in questo caso il controllo del rischio è totale e sarà pari al valore pagato per comprare la put.
La put inoltre ha anche un altro vantaggio/scopo, che è quello di proteggere le azioni già in portafoglio da ampi ribassi e in questo senso funziona come assicurazione, anche qui riducendo il rischio totale di portafoglio.
Illustriamo adesso i diversi campi che compongono un’opzione, ad esempio di una call, come se fosse un cartello esposto in un mercato rionale:
Simulando che l’azione ACME valga in questo momento 10 €, entriamo nel dettaglio delle singole voci:
A) Quantità controllata dalla singola opzione
B) Sottostante dell’opzione (azione, indice, future, ecc)
C) Questa call dà il diritto di acquistare le azioni al prezzo di 10,5 € per azione (strike price o prezzo di esercizio)
D) Mese di scadenza dell’opzione. Di solito non è la fine del mese, ma a seconda dello strumento sottostante le scadenza possono essere il terzo venerdì del mese, il primo venerdì, ecc…
E) Prezzo dell’opzione
Questa opzione dà diritto al possessore di comprare 100 azioni ACME al prezzo di 10,5 € per azione entro la sua scadenza (tipo americano).
Il premio dell’opzione è fissato in questo momento dal mercato a 1,25 € per azione, quindi il premio da sborsare per avere diritto alle 100 azioni sarà di 1,25*100=125 € totali.
Questa operazione di importo 125 € mi permette di controllare un sottostante di 1000 € in questo momento, e questo è l’effetto leva insito nelle opzioni.
Inoltre, se l’azione ACME si apprezzasse, con la stessa somma controllerei un valore più alto di sottostante.
In ogni momento avrei il diritto di mettere in portafoglio il sottostante (100 azioni ACME) pagandolo 10,5 €, oppure potrei decidere di rivendere questo diritto a qualcun altro che fosse interessato.
È chiaro che operativamente acquisterò questa opzione solo pensassi che il prezzo dell’azione ACME crescerà, e eserciterò l’opzione solo se il sottostante salirà ad almeno 11,75 € entro la scadenza (cioè 10,5+1,25), altrimenti l’operazione non porterà nessun guadagno!
Un altro grosso vantaggio nell’acquistare un’opzione rispetto all’azione sottostante è che lo stop loss è già incorporato nell’opzione stessa, ed è rappresentato dal premio già pagato.
Tornando all’esempio precedente su ACME, il premio di 125 € pagati all’atto dell’acquisto dell’opzione rappresenta già la massima perdita, realizzata se lasciassi scadere l’opzione senza valore alla fine della sua vita.
Adesso che conoscete uno strumento finanziario che ha l’effetto leva e lo stop loss incorporato, siete ancora convinti che l’acquisto o la vendita del sottostante sia l’unico modo per investire sul mercato finanziario?
Dei profitti e delle perdite
Siamo stati tutti abituati fin da piccoli che i profitti nel commercio si fanno comprando basso e vendendo alto.
Il mondo finanziario ovviamente non sfugge a questa regola.
Se vogliamo formalizzare questo aspetto, e illustrare in un grafico i concetti che vogliamo esprimere, il risultato sarebbe:
Sull’asse X orizzontale inseriamo il prezzo del sottostante mentre sull’asse verticale Y inseriamo il risultato delle operazioni che effettuiamo.
Lo 0 (zero) rappresenta il fatto di essere flat, di non avere posizioni aperte sul mercato.
Le aree di profitto o di perdita sono indicate in figura.
Non appena acquistiamo un titolo, ad esempio un’azione, ma potrebbe anche essere un altro bene che vogliamo alla fine rivendere, sopportiamo una spesa che ci dà diritto al possesso del titolo (o del bene).
In quel momento il nostro guadagno è 0, spendiamo moneta (supponiamo 10) e siamo in possesso del bene.
Quindi la situazione al tempo in cui decidiamo l’acquisto è questa rappresentata dal punto rosso sopra il grafico:
Adesso che abbiamo il bene siamo soggetti ai suoi cambi di valore, in questo modo:
Ci muoveremo sulla riga rossa inclinata a 45° a seconda del prezzo del bene: se il titolo salirà, noi potremo rivenderlo ad un prezzo superiore, intascando una quantità maggiore di denaro rispetto a quanto speso.
Se calerà, il fatto di venderlo si risolverà in una perdita.
Se il bene domani costasse 11, potremmo rivenderlo e intascare un guadagno di 1; se costasse 12 il guadagno sarebbe di 2, ecc…
Se invece scendesse a 9 avremmo una perdita di 1, in maniera del tutto analoga a quello che succede con i guadagni.
Questo tipo di relazione si chiama lineare perché il profitto cala o cresce in accordo e della stessa quantità con cui si apprezza o si svaluta il bene.
E’ importante sottolinea che in questa fattispecie abbiamo messo in piedi un’operazione di tipo long, cioè abbiamo speso soldi per avere il possesso di un bene e ora il bene “rappresenta” i nostri soldi.
La perdita massima che potremo subire si concretizzerà se il bene che abbiamo non varrà più nulla, in questo caso i soldi spesi per il suo acquisto saranno persi in modo totale e potremo mettere nel nostro bilancio un bel -10!
D’altra parte non c’è limite ai guadagni, se il nostro bene costasse ad un certo punto 30, noi avremo realizzato un guadagno di 20 dalla sua vendita.
Gli esempi in cui il bene comprato non vale più nulla non è così remota.
Se doveste rottamare una macchina incidentata, oppure se pensate a cose che si consumano, ad esempio vestiti, cibo, e tante altre cose, i soldi spesi per avere un bene si risolvono in una perdita secca del 100%. Ma bisogna pur vivere…
Più rari sono quei beni che rivendendoli si realizza un guadagno, mi vengono in mente magari opere d’arte, oro e gioielli, ma tutte hanno insite una parte di rischio da parte del possessore del bene.
Nel caso si entrasse short su un titolo, che equivale a profitto se il prezzo nel futuro sarà più basso di ora, oppure scommettere su un ribasso dei corsi, la situazione si ribalterebbe in modo speculare: se supponiamo di entrare sempre a 10, stavolta il grafico profitto-perdite sarà il seguente:
In questo caso accade che cominceremo a guadagnare quando il prezzo scende, perderemo quando il prezzo sale.
Tecnicamente si chiama anche vendere allo scoperto, nel senso che ora venderemo al tempo 0 e riceveremo da questa vendita soldi. Per essere precisi, la vendita allo scoperto avviene prendendo in prestito i titoli da qualcuno e rivendendoli immediatamente sul mercato, intascando il corrispettivo in denaro. Prima o poi chi vi ha prestato i titoli, oltre a vedersi corrisposto un certo interesse per “l’affitto”, li rivorrà indietro, e li riavrà immediatamente non appena voi li riacquisterete. In ambito finanziario succede spesso di vendere allo scoperto, cioè vendere qualcosa che non si ha.
Adesso avremo il massimo guadagno se il valore del bene andasse a 0, infatti in questo modo i soldi intascati dai titoli presi in prestito e venduti rimarrebbero tutti nostri, perché il riacquisto del bene non costa nulla e noi avremmo chiuso le nostre pendenze. I soldi ricevuti all’atto della vendita rappresentano il nostro massimo guadagno, mentre stavolta, se il titolo cominciasse a salire subiremmo una perdita, in teoria infinita perché non ci sono limiti al valore di un titolo.
Questi diagrammi di profitto-perdita ci saranno utili, perché da ora in avanti li useremo sempre.
Per consultare la prima lezione cliccare qui.
Per consultare la seconda lezione cliccare qui.
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gab
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