Inizia oggi un corso online gratuito con articoli pubblicati con cadenza settimanale, creato e condotto dal mio socio Fabio Pacchioni (esperto di opzioni e di trading systems) che ti condurrà alla scoperta delle “opzioni“.
L’obiettivo del corso è quello di guidare alla conoscenza di uno strumento a torto osteggiato e criticato ma che nella realtà si rivela essere un ottimo strumento nelle mani di un investitore esperto ed evoluto.
Il corso è rivolto sia ai neofiti sia a tutti coloro che vogliono migliorare la propria operatività utilizzando un prodotto finanziario molto duttile ed efficiente.
Per frequentare il corso non sono necessarie conoscenze pregresse perchè sarete guidati passo a passo in un percorso completo dalla A alla Z.
Nb: è importante sottolineare che le “opzioni” descritte in questo corso sono quelle ufficiali e tradizionali che godono di un contratto finanziario regolamentato su tutti i mercati finanziari.
Non ci riferiamo quindi alle famigerate “opzioni binarie” che sono invece una truffa!!!
Cosa sono, a cosa servono e definizione
Le opzioni sono derivati, cioè non possono esistere senza che esista un sottostante.
Su molti mass-media sentiamo spesso dire che i derivati sono “cattivi” e “pericolosi”, ma se usati “cum grano salis” non sono niente di tutto ciò, e possono anzi aiutare a proteggere o differenziare un portafoglio.
Per spiegare meglio il concetto si pensi al latte e al formaggio: il latte è il “sottostante”, la materia prima che esiste in natura, mentre il formaggio è il “derivato” del latte, ottenuto dal “sottostante” tramite opportune lavorazioni.
A seconda degli impieghi e dei gusti, il formaggio e il latte possono essere usati per impieghi diversi, quindi di per sé il formaggio non è più “cattivo” o più “buono” del latte o viceversa.
Sulla pasta o sulla pizza di solito si mette il formaggio, mentre nella tazza della colazione o nel cappuccino è più indicato il latte.
Nel nostro frigorifero possono trovare posto entrambi senza che questo ci ponga quesiti etici (a parte le scadenze riportate sulle etichette), né sulla pericolosità dell’impiego di entrambi i prodotti, fatta salva la vostra salute e la vostra linea.
Altri esempi di prodotti sottostanti possono essere il petrolio (i derivati sono benzina, gasolio, plastica, ecc), il frumento (farina, pasta, birre, ecc), la soia (olio, latte, tofu, ecc..), il legno (mobili, carta, ecc.) e molti altri ancora, gli esempi possono essere davvero tanti.
In tutti questi casi il latte, il petrolio, il grano, la soia, il legno sono sottostanti dei prodotti derivati da essi.
Usciamo dal contesto generale e torniamo in ambito finanziario.
In questo caso il sottostante è un’azione o un future (notate che anche il future è un derivato, ma che in questa funzione diventa sottostante), e l’opzione diventa il derivato dello strumento finanziario scelto.
Così esistono ad esempio opzioni su titoli come Generali, Fiat o Intesa, ma anche opzioni su future come il FtseMib l’S&P500 o il Bund, oppure opzioni sui future delle materie prime come oro, petrolio, grano, o cacao, o ancora su ETF (soprattutto americani).
Le origini dei contratti delle opzioni possono essere fatte risalire agli antichi greci e romani, ed erano contratti a premio, in cui due controparti si impegnano a scambiarsi a scadenza, a prezzi prefissati, uno specifico bene, in genere prodotti alimentari o tessuti.
I primi mercati organizzati di questi titoli però sono sorti nel XVII secolo, ma la vera e propria regolamentazione arrivò solo nel 1973, quando da una costola del CBOT (Chicago Board of Trade) nacque il CBOE (Chicago Board Options Exchange), mercato regolamentato solo sulle opzioni. Nello stesso anno Black e Scholes pubblicarono i risultati del loro studio sulla valutazione del prezzo delle opzioni, il cui risultato più importante è la “Formula di Black & Scholes”, usata ancora oggi per comporre il prezzo di un’opzione.
Il periodo storico era davvero critico: nel 1972 il presidente Nixon aveva deciso l’uscita unilaterale degli USA dagli accordi di Bretton Woods ed il conseguente passaggio, di fatto, ad un regime di cambi flessibili a seguito delle grosse incertezze sull’andamento dei tassi di interesse, di inflazione e, appunto, dei tassi di cambio insite nel legame fino a quel momento vigente tra oro, dollaro e altre valute mondiali. Le difficoltà di calmierare la speculazione sul debito accumulato dalla superpotenza mondiale per mantenere la propria leadership conquistata nel secondo dopoguerra rendevano ormai l’economia Usa aggredibile da più parti proprio attraverso il cambio fisso con il dollaro, sicché il passaggio al regime di cambi flessibili, da un lato, e il ricorso a strumenti di protezione come i derivati, dall’altro, sembravano poter ‘tamponare’, se non addirittura risolvere, il temutissimo crollo degli equilibri politici ed economici raggiunti fino a quel momento. Ma la crisi petrolifera dell’anno successivo amplificava ancor più l’esigenza di strumenti ‘assicurativi’ su scala globale e proprio nel 1973 esordivano le opzioni sui titoli azionari al Chicago Board Options Exchange, mercato in cui oggi si trattano opzioni su azioni, obbligazioni, monete, metalli e tantissimi indici di varia natura.
Questi brevi cenni storici vi dovrebbero far capire che le opzioni sono strumenti finanziari sicuramente complessi, ma nati con scopi diversi dalla mera speculazione.
Lo scopo originario era principalmente la protezione del capitale contro variazioni anomale e imprevedibili, ma che potevano comunque verificarsi (e di fatto ogni tanto si verificano) sui mercati finanziari.
Passiamo alla definizione di opzione in ambito finanziario, che è la seguente:
Le opzioni sono contratti finanziari che danno al compratore il diritto (ma non il dovere) di acquistare, nel caso delle opzioni CALL, oppure il diretto di vendere, nel caso delle opzioni PUT, una quantità determinata di un sottostante (attività finanziaria oppure reale, come ad esempio un titolo azionario) ad un prezzo determinato ad una data specifica (nel caso delle opzioni di tipo europeo) oppure entro una data specifica (nel caso delle opzioni di tipo americano).
La definizione di per sé non è tra le più chiare, al momento non preoccupatevi, andremo a spiegare tutto nelle prossime puntate.
Inoltre sembra ancora più complessa in quanto comprende tutti i tipi di opzione, ma per fortuna ne esistono solo di due tipi: la Call e la Put.
La Call (dall’inglese “chiamare”) si chiama così perché il possessore di questo tipo di opzioni “chiama”, o meglio, ha il diritto di avere il possesso di un titolo entro una certa data ad un prezzo prefissato, non più alto.
La Put (in inglese put significa “mettere”, in questo caso però con significato di “mettere a disposizione”) invece indica che il possessore vuole cedere il possesso di un titolo ad un certo prezzo, ma non più basso, sempre entro una certa data.
1) Cosa significa opzione “call“:
Significa che il possessore dell’opzione ha il diritto di acquistare una quantità determinata di sottostante ad un prezzo determinato entro una data specifica.
Fonte Borsa Italiana
Facendo un esempio, supponiamo che siate un commerciante di formaggio e che il taleggio ora costi 10 € al chilo. Voi pensate che tra un paio di mesi il taleggio costerà tra gli 11 e i 12 € al chilo.
Potreste comprare un diritto a comprare il taleggio da un produttore nei prossimi 3 mesi a 10,5 € pagandolo “poco”, diciamo 0,2 €, poi potreste esercitare il vostro diritto entro la scadenza, non importa se nel frattempo il taleggio sarà andato a 15 € il chilo, voi lo comprerete a 10,5 e lo potrete rivendere subito a 15, oppure potreste cedere il vostro diritto ad un prezzo maggiore di quello a cui l’avete comprato. In entrambi i casi realizzerete un guadagno.
Perderete i vostri 0,2 € solo nel caso il prezzo non superi i 10,2 € (=10+0,2), ma sarete contenti di non aver riempito i vostri magazzini di taleggio per poi vederlo avere un prezzo stabile o in calo.
2) Cosa significa opzione “put“:
Significa che il possessore dell’opzione ha il diritto di vendere una quantità determinata di sottostante ad un prezzo determinato entro una data specifica.
Fonte Borsa Italiana
Supponendo stavolta che siate un produttore di formaggio, e il taleggio oggi costi 10 €, siete preoccupati di un crollo nel prezzo del taleggio.
Pensate che il prezzo del taleggio calerà sotto i 9 € al chilo nel prossimo mese.
Potreste stavolta comprare un diritto a vendere il taleggio 9,5 € nei prossimi 3 mesi pagandolo 0,2 €.
Se nei prossimi mesi il prezzo del taleggio crollerà a 7 € voi potrete sempre venderlo a 9,5 esercitando il diritto che vi siete comprati, oppure rivendere tale diritto a qualcun altro, realizzando comunque un guadagno.
Perderete i vostri 0,2 € solo nel caso in cui il prezzo del taleggio sia più alto di 9,3 € (=9,5-0,2), nel qual caso sarete contenti di aver perso così poco.
La put sarà così un’assicurazione contro violenti cali del mercato del taleggio.
Concluderei questa prima parte dicendo che forse voi avete già negoziato opzioni senza sapere che lo erano, per esempio usando un coupon rilasciato a seguito di una spesa già effettuata, oppure usando un buono nei supermercati.
In questi casi state esercitando un’opzione che il mercato vi sta proponendo, e non importa che voi abbiate pagato il buono oppure no.
Quante volte avete visto offerte sui volantini di prodotti a prezzo scontato, disponibili entro una certa data, assieme al numero di pezzi offerti?
Ebbene, tutte quelle cose che vedete sono opzioni esercitabili dai clienti di quel negozio entro un certo tempo e per un numero determinato di oggetti!
Questo coupon è un’opzione!
Vi dà il diritto (in quanto soci) di comprare un certo prodotto, entro una certa data, in una certa quantità e ad un prezzo prefissato (con lo sconto)
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